Focus. Più tecnologia, meno rifiuti. I ritardi veronesi

di Luciano Butti

L’avvocato Luciano Butti è docente di diritto internazionale dell’ambiente presso l’Università di Padova

Abstract. Per ridurre gli sprechi alimentari e reimpostare la produzione dei beni in funzione del loro smaltimento, come vuole la UE, occorre più tecnologia. L’azzeramento dei rifiuti non è un obiettivo realistico. Occorre però spingere la differenziata, il riciclaggio ed il recupero. Inceneritori o discariche rimangono necessari solo per chiudere il ciclo. A Verona non esiste un impianto di smaltimento finale, non c’è raccolta intelligente ed i rifiuti in alcuni periodi sono stati persino esportati. All’Amia occorre una gestione competente ed innovativa. Occorrono poi accordi con altre aziende e l’introduzione di elementi di concorrenza nella gestione dei rifiuti

Gli obiettivi del’Unione Europea

“Rifiuti zero”. “Spingere la differenziata e il recupero”. “No agli inceneritori e alle discariche!”: Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni di principio, ed altre simili. Si tratta di obiettivi corretti e realistici? Oppure contengono equivoci ed errori di natura scientifica? O sono soltanto degli slogan? Come vedremo, le risposte devono essere differenziate. E non sono semplici. Ma cercheremo di renderle brevi e chiare.

La raccolta differenziata
Cassonetti intelligenti

Rifiuti zero

La riduzione della quantità dei rifiuti è l’obiettivo prioritario posto agli Stati membri dall’Unione Europea.
Due sono i pilastri fondamentali per la sua attuazione. Il primo è la riduzione degli sprechi, in primo luogo alimentari, che caratterizzano il nostro attuale modo di vivere. Il secondo è la reimpostazione della produzione dei beni, in modo da ridurre all’origine la produzione di rifiuti (e soprattutto di rifiuti da smaltire), prevedendo l’utilizzazione di materiali riciclabili, la diminuzione degli imballaggi, la  gestione intelligente dei prodotti a fine vita. Nel complesso, pertanto, non si riduce in modo sostanziale il quantitativo dei rifiuti “riducendo” il ricorso alla tecnologia, ma anzi aumentandolo e rendendolo finalizzato non soltanto alla “produzione” del bene, ma anche – sin dall’inizio – alla gestione del suo “fine vita”.
In questo contesto, anche una ben calibrata tassazione su alcuni imballaggi inutili sarebbe senz’altro corretta. Con la precisazione che dovrebbe trattarsi di una tassazione introdotta gradualmente e capace di convincere produttori e cittadini a preferire beni a minore impatto ambientale.
Va detto infine che, se l’obiettivo principale è la riduzione dei rifiuti, e se molto ancora può e deve essere fatto per realizzarlo, l’azzeramento dei rifiuti non è allo stato attuale un obiettivo realistico.   Ed è singolare che proprio le Amministrazioni comunali che affermano di perseguirlo – spesso inventando neologismi francamente ridicoli come quello di “materiali post-consumo” (è il caso di Roma) – siano spesso quelle più arretrate dal punto di vista delle percentuali di raccolta differenziata, della disponibilità di impianti idonei e dell’utilizzazione delle più moderne tecnologie nella gestione dei rifiuti.

Spingere la differenziata, il riciclaggio ed il recupero

La raccolta differenziata “spinta” è il motore potenzialmente più efficiente per una gestione moderna dei rifiuti, che privilegi il riciclaggio ed il recupero sullo smaltimento, come l’Unione Europea da tempo ci richiede di fare. La raccolta differenziata non è però l’obiettivo, è uno strumento. Ed è uno strumento che costa molto a chi gestisce il servizio (si tratta di organizzare raccolte diverse, con mezzi diversi, in momenti diversi).
Deve perciò essere attuata nel modo migliore e con la consapevolezza dei suoi limiti intrinseci.
Attuarla nel modo migliore significa principalmente tre cose:
– Formare i cittadini, affinché realizzino la separazione in modo corretto (questa è la “big society”, tipica del moderno pensiero liberale, dove i cittadini vengono chiamati a dare il loro contributo quotidiano per il bene pubblico);
– Utilizzare le moderne tecnologie (ad esempio, i “cassonetti intelligenti”) per incentivare anche economicamente i cittadini a separare nel modo corretto e più largo i rifiuti;
– Impostare il programma di estensione della differenziata – e soprattutto della utilissima ma costosa raccolta porta a porta – in funzione delle potenzialità offerte dal mercato del recupero: in altre parole, non separiamo i rifiuti in nome di un principio ideologico, ma per riuscire a recuperarli nel modo migliore.
Come accennato sopra, occorre anche avere consapevolezza dei limiti intrinseci della differenziata. Dove si straparla di rifiuti zero, i rifiuti rimangono per le strade o si deve mandarli ad incenerire a centinaia di chilometri di distanza, con enormi emissioni inquinanti e di CO2 dovute al trasporto. E’ purtroppo il caso di Roma.

Inceneritore

Discarica

No agli inceneritori e alle discariche (se inutili)


Questo auspicio – o slogan – può voler dire molte cose. Può voler dire che è preferibile non “smaltire” (attraverso incenerimento o discarica) ciò che potrebbe efficacemente essere separato e recuperato. Se questo fosse il significato, lo slogan andrebbe così riformulato: “No agli inceneritori e alle discariche inutili” !  Una informazione va tuttavia aggiunta: anche il recupero richiede la costruzione di impianti di trattamento dei rifiuti. Sono impianti diversi da inceneritori e discariche, ma sono pur sempre impianti. Sarebbe bene che i gruppi ambientalisti più responsabili proseguissero nell’evoluzione culturale avviata negli ultimi anni: essi devono perseguire la riduzione dei rifiuti, non la riduzione degli impianti. Perché, riducendo gli impianti, i rifiuti lasciati per le strade o spediti all’estero inevitabilmente aumentano. Ma vi è di più. Allo stato attuale delle tecnologie e dei costi nella gestione dei rifiuti, in una città media o grande non tutti i rifiuti possono essere riciclati o recuperati. Come non tutti i rifiuti industriali possono essere eliminati alla fonte, riciclati o recuperati. Serve perciò una soluzione di smaltimento finale per la frazione residua. Ora, per lo smaltimento finale, tanto la letteratura scientifica come le linee guida europee confermano che la soluzione oggi migliore è quella dell’incenerimento con recupero di energia, non quella della discarica. Ciò non significa che ogni città debba avere un termovalorizzatore, ma che il complessivo ‘ciclo’ della gestione dei rifiuti non può prescindere dall’avvio di una frazione alla termovalorizzazione.
Come si vede, la gestione dei rifiuti è un settore dove tre cose sono indispensabili: le moderne tecnologie, la costante ricerca di nuovi investimenti come di soluzioni più efficienti ed il rifiuto della demagogia inutile.

La situazione veronese

Verona, va detto subito, è una città sostanzialmente pulita. Con qualche pur importante eccezione in presenza di eventi o affollamenti, le strade non sono di norma invase dai rifiuti e i vari cassonetti (dove ancora esistenti) sono di solito sufficienti. La raccolta porta a porta è attiva solo in poche zone, ma – in quelle zone – è accettabilmente efficiente. Tuttavia, alcuni assai importanti aspetti critici sono purtroppo chiari e indiscutibili, perché si basano sui numeri.

Non esiste un impianto di smaltimento
Nella provincia di Verona, non esiste un impianto di smaltimento finale (termovalorizzatore o discarica) in grado di garantire lo smaltimento della frazione residua di rifiuti per un ragionevole numero di anni (la discarica di Legnago, utilizzata in parte sinora anche da Verona, sta per esaurire le proprie disponibilità di accoglimento per i rifiuti del Capoluogo).

Non c’è raccolta intelligente
Tuttavia, i dati sulla raccolta differenziata pongono Verona ultima fra le città venete. Inoltre, la raccolta porta a porta è limitata a pochi quartieri e la tecnologia (ad es. cassonetti intelligenti), altrove da tempo fondamentale, è a Verona ancora nel libro dei sogni.

I rifiuti vengono esportati
Non viene apertamente comunicato alla città dove, alla fine del ciclo, i rifiuti urbani di Verona vengano conferiti, ma vi sono ragioni per ritenere che grossi quantitativi siano stati in questi anni spediti – spesso solo dopo un blando trattamento – molto lontano da Verona, e persino all’estero. Ora, proviamo ad immaginare il bilancio ambientale di questa operazione. Migliaia di tonnellate di rifiuti sono stati negli anni caricati su camion che li hanno portati lontano, ad esempio in Bosnia. Quanta è la CO2 prodotta per effetto di questo girovagare delle nostre scorie? E’ questa la nostra economia circolare? Quanti inquinanti vengono rilasciati durante il trasporto? Quali garanzie vi sono di uno smaltimento tecnologicamente di avanguardia nei Paesi di destinazione?

I servizi dell’Amia
AMIA gestisce i servizi di igiene urbana nel territorio di Verona e nei Comuni di Boscochiesanuova, Cerro Veronese, Grezzana, San Giovanni Lupatoto, Villafranca e Sant’Ambrogio di Valpolicella.
In particolare AMIA si occupa di raccolta, trasporto, trattamento, recupero, valorizzazione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Svolge anche i servizi di pulizia e lavaggio di aree pubbliche e la gestione del verde urbano.
Effettua anche servizi commerciali a pagamento su aree urbane.

Storia
Fino al 1983. Il Comune di Verona si occupava direttamente della gestione dei servizi di nettezza urbana. 1981. Nasce tra i Comuni di Verona, Grezzana, Cerro Veronese e Boscochiesanuova il Consorzio Civit (Consorzio Intercomunale Veronese per i Servizi di Igiene del Territorio). 1983. Nasce l’Azienda Speciale Consortile con il nome di Azienda Municipalizzata di Igiene Ambientale, con l’incarico di provvedere alla raccolta, al trasporto ed allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. 1997. A seguito dello scioglimento del Civit, il Consiglio Comunale di Verona approva una delibera che trasforma AMIA in Azienda Speciale del Comune di Verona. 1 aprile 2000. AMIA diventa Società per Azioni con la denominazione Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale di Verona S.p.A. 1 giugno 2000. Il Comune di Verona affida ad AMIA anche la manutenzione del verde pubblico.
Fonte: www.amiavr.it [Ndr]

La sede dell’Amia in Basso Aquar
L’area dell’Amia dall’alto

L’ultimo dei tre punti toccati è davvero emblematico di una cattiva gestione dei rifiuti urbani. Trasportare i rifiuti urbani lontano dal luogo di produzione è infatti una assurdità ambientale, economica e gestionale. Dal punto di vista ambientale, questo trasporto produce infatti enormi e inutili quantità di gas serra, dei quali nessuno sembra preoccuparsi. Dal punto di vista economico, il costo di un trattamento ottimale lontano dal luogo di produzione è inevitabilmente molto maggiore. Dal punto di vista gestionale, diventano assai più complessi i necessari controlli sulla correttezza dell’intero ciclo dei rifiuti; e ci si sottopone a potenziali ricatti da parte degli impianti esteri, quando questi si accorgono che non abbiamo alternative.

In questa situazione, sarebbe importante poter disporre di una azienda di gestione dei rifiuti modernamente gestita. Di una azienda, dunque, dotata di un organo amministrativo estremamente competente, di una forte propensione all’innovazione, di un bilancio stabilmente sano (anche grazie ad una convinta azione contro gli sprechi). E ciò anche per poter affrontare la indispensabile sfida delle aggregazioni societarie, fondamentale per consentire a Verona di “chiudere il ciclo” in modo razionale.
Ed invece:

  • Il pletorico organo amministrativo di Amia (perché non puntare su un amministratore unico?) è da sempre designato non secondo criteri di competenza, ma secondo criteri di pura lottizzazione fra i partiti;
  • Il bilancio di Amia è stato negli ultimi anni tutt’altro che stabilmente sano;
  • Nonostante questo, i responsabili di Amia godono di un livello di benefit francamente paradossale, se si considerano i risultati della gestione.

L’organigramma di Amia

Presidente: Bruno Tacchella
Vice Presidente: Alberto Padovani
Consiglieri: Chiara Galli, Roberto Bertolo, Daniela Allegrini
Collegio Sindacale:
Roberta Gaspari (Presidente), Luciano Bellamoli (Comp.)
Giuseppe Polito (Comp.), Sara Brunelli (Supplente), Giorgio Zago (Supplente)
Direttore FF:Ennio Cozzolotto,Condirettore:Ennio Cozzolotto

Non siamo riusciti a consultare i dati retributivi dei dirigenti dell’Amia, fermi, peraltro, al 2016, non essendo disponibili sul sito dell’azienda. Fonte: www.amiavr.it [Ndr]

Il presidente Bruno Tacchella

Bruno Tacchella, ragioniere e perito commerciale, 56 anni, è presidente di Amia dal settembre del 2018, quando succede ad Andrea Miglioranzi, ex tosiano. Fondatore, con Matteo Gasparato e a Stefano Casali del movimento politico “Verona Domani”, che nel 2017 appoggiò il candidato sindaco Sboarina, rompendo clamorosamente con Flavio Tosi. In passato, Tacchella, già consigliere comunale nella giunta Sironi, è stato anche consigliere della Società Quadrante Servizi e di Veronamercato Spa, oltre che presidente della Unione Cooperativa Radio Taxi Verona.

Infine, va menzionato un ultimo aspetto, sul quale la politica veronese, nel suo complesso, è reticente. Non vi è ragione per evitare di introdurre elementi di concorrenza, attraverso qualche forma di gara pubblica, nell’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti. Si possono discutere le modalità, ma un elemento di concorrenza è indispensabile nella gestione di questo tipo di servizi. Tutte le esperienze in altre città lo dimostrano. Alla politica compete la fissazione di requisiti tecnici stringenti, così come l’effettuazione di rigorosi controlli. Ma la gestione del servizio deve essere aperta alla concorrenza, se non si vogliono creare rendite di posizione, che si risolvono in servizi inefficienti e in privilegi medievali per gli amministratori delle società cui il servizio viene affidato in house. Esattamente come avviene – da sempre, non soltanto oggi – a Verona, in un connubio inaccettabile e malsano fra politica locale e gestione delle società partecipate.

Tutto ciò è aggravato dalla mancanza di un dibattito pubblico su questi temi. Continuando così, è facile prevedere che aspetti di emergenza rifiuti possano in un prossimo futuro riguardare anche Verona.



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