Lettera aperta ai Responsabili della scuola veronese

Comunicato stampa del 15 febbraio 2020

NO al drug test

DRUG TEST.  LETTERA APERTA AI RESPONSABILI DELLA SCUOLA VERONESE
INACCETTABILE DISORIENTAMENTO DI STUDENTI, FAMIGLIE E DOCENTI

CHIESTO UN PARERE AL COMITATO REGIONALE DI BIOETICA DEL VENETO

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Al direttore generale dell’Ufficio scolastico provinciale d.ssa Augusta Celada
Al direttore dell’USR Veneto Ufficio VII Ambito Territoriale di Verona dr. Albino Barresi
Ai Dirigenti scolastici della scuola media  inferiore e superiore della provincia di Verona

Spett.li responsabili, ai vari livelli, dei servizi scolastici veneti e veronesi,

è nostra convinzione, come, pensiamo, della stragrande maggioranza dei nostri cittadini,  che la scuola pubblica, statale e privata,  svolga, nella società, delle funzioni fondamentali: educare e formare i ragazzi per farne cittadini responsabili; alimentare i loro processi di apprendimento specifici per favorirne l’ingresso nel mercato del lavoro e delle professioni;  farne delle persone complete, dotate di strumenti critici per comprendere la realtà e contribuire con la loro intelligenza e le loro competenze alla qualità del vivere civile.  Si tratta, per la scuola, di compiti complessi, impegnativi, a volte assai problematici, come ben sa chi ha scelto di dedicare la propria vita a questa professione.

Una situazione inaccettabile

            Proprio per questo ci rivolgiamo a Voi per denunciare l’inaccettabile situazione che si è venuta  a creare, sulla scena della scuola veronese, in relazione all’ipotesi di sottoporre i ragazzi delle nostre scuole ad un “drug test” previsto da un “Modello preventivo proattivo” , proposto all’approvazione delle scuole medie superiori veronesi,  “definito  di concerto tra UAT, Coordinamento dei Dirigenti Scolastici, Punto di Ascolto e Dipartimento delle Dipendenze AULSS9”.
                       Ad aumentare lo sconcerto è giunta poi la notizia di un presunto “Protocollo sanitario”, al quale hanno fatto riferimento diversi attori della scena politica ed istituzionale, che non ci risulta sia mai stato approvato e discusso dagli uffici competenti, sanitari e scolastici,  a livello regionale.

            Ci sembra superfluo sottolineare quanta preoccupazione ci sia, negli operatori scolastici e nelle famiglie, nei confronti dei pericoli a cui sono esposti i nostri giovani nell’età dell’adolescenza,  a partire da quelli connessi alla assunzione di sostanze tossiche come le droghe e l’alcool. Perciò riteniamo che qualsiasi strategia che possa essere utile a prevenire o a rimediare a comportamenti errati dei nostro giovani vada presa in considerazione attentamente, per valutarne l’efficacia e l’opportunità, senza pregiudizi.

            Tali strategie, nella definizione di strumenti e procedure, devono però tenere conto del contesto affatto particolare entro cui si applicano. Un istituto scolastico è infatti un luogo estremamente complesso, sotto il profilo delle esperienze umane e cognitive. Crescere è un processo difficile. Che diventa impossibile senza un’atmosfera educativa che abbini  al necessario  rigore altrettanta serenità, perseguendo relazioni di  consapevole fiducia tra chi educa e chi è educato.

Chiesto un parere al Comitato di bioetica regionale del  Veneto

            Il documento prevede invece un intervento – il drug test – che riteniamo del tutto inadeguato agli obiettivi che intende perseguire ed inaccettabile sotto un profilo pedagogico. Non è possibile utilizzare strumenti come questi per prevenire le dipendenze da sostanze tossiche negli studenti medi. La scuola non può essere un campo di concentramento di giovani potenzialmente pericolosi da controllare con metodi intimidatori,  ma uno spazio di cultura, di umanità e di educazione. Nel surreale dibattito di questi giorni, si è citato perfino l’utilizzo di cani antidroga che interverrebbero nelle scuole non sulla base di segnalazioni o fondati sospetti,  ma in via preventiva.

            Proprio per questo, abbiamo deciso di chiedere formalmente un parere al Comitato di Bioetica della Regione Veneto, per accertare la sensatezza complessiva delle azioni previste da tale documento sotto un profilo etico. Non sempre quello che “tecnicamente” è possibile fare,  lo è “moralmente” e “pedagogicamente”.

Il mondo della scuola è apparso in balia degli eventi

            In attesa del parere del Comitato, lamentiamo come una questione di ampie, rilevanti e delicate implicazioni  sociali sia stata presentata e gestita dagli attori interessati in un modo del tutto inadeguato, specialmente sui media, producendo un inaccettabile disorientamento generale nei cittadini veronesi.

            Nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una lunga intervista del Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale  che rassicurava sulla bontà dell’esperimento; agli interventi di alcuni politici schierati in modo acritico nel sostenere l’opportunità del provvedimento come panacea di tutti i mali; ad un’intervista della Dirigente scolastica regionale costretta a ricordare i termini giuridici  della questione anche al suo stesso Dirigente provinciale; ad una intervista a tutta pagina  del Sindaco a difesa del provvedimento auspicato anche per i propri figli; ad un durissimo confronto tra due dirigenti di servizi sanitari pubblici egualmente impegnati sul fronte delle dipendenze. E, alla fine, alla rivelazione che non esiste in realtà alcun “protocollo sanitario” in merito!

I presidi in ordine sparso: istituti test-disponibili e test-refrattari. Anche sul POF?

            Nel frattempo, in presenza di questo caotico incrocio di polemiche, venivamo a sapere dai media che numerosi dirigenti scolastici stavano tranquillamente accogliendo la proposta nei loro istituti, drug test compreso; e che altri la rifiutavano, configurando così una situazione dell’offerta scolastica provinciale divisa tra istituti “test disponibili” ed istituti “test refrattari”: ci chiediamo se tali scelte,  se attuate,  verranno esibite nel Piano dell’offerta formativa degli istituti come fattore competitivo per invogliare i genitori ad iscrivere i propri figli nell’uno o nell’altro.

            Crediamo che la scuola non possa funzionare in questo modo. Pensiamo che il principio dell’autonomia scolastica non possa essere interpretato come un invito al fai da te del tutto scisso dal confronto con le istanze più qualificate della società a livello istituzionale,  pedagogico e culturale. E’ assai preoccupante che non si sia avvertita l’esigenze di aprire, con l’ausilio di personalità autorevoli,  un confronto ampio, articolato, rigoroso e sereno su un tema, riguardante aspetti nevralgici dell’educazione dei giovani, che non può essere concepito se non in termini ampiamente condivisi e verificati.

Verona, 15 febbraio 2020
La città che sale

4 commenti su “Lettera aperta ai Responsabili della scuola veronese

  1. Penso inoltre che non si possa prescindere dal fatto che il proponente di questa “sperimentazione” il dott. Giovanni Serpelloni, sia stato condannato penalmente in primo grado .
    Mi pare che perlomeno l ‘ autorevolezza ad entrare nel mondo
    della scuola non ce l’ abbia proprio !

    1. Mah, la vicenda si fa penosa. Credo sia giusto distinguere gli ambiti. Da una parte gli aspetti amministrativi, rispetto ai quali registriamo un primo pesantissimo giudizio; dall’altra quelli strettamente socio-sanitari. Su questi siamo intervenuti perché crediamo che la “filosofia” che ispira la proposta del drug test sia gravemente errata, inefficace e controproducente.

  2. Sono genitore di due figli che frequentano un liceo cittadino.
    Come minimo, prima di accettare che i miei figli si sottopongano ad un prelievo del sangue, delle urine o anche del prelievo del capello, esigo essere informato sulle modalità del test, su come verranno trattati i dati, desidero che un genitore possa decidere se accettare o meno di far sottoporre i figli al test, visto che i minori sono sotto la sua tutela, e che non sia il sindaco, il responsabile del settore delle tossicodipendenze dell’Ulss, una psicologa dell’Ulss ed il comandante dei vigili urbani (!!!) a decidere per lui sulla base di un fantomatico “protocollo sanitario” di cui non si ha notizia dei suoi contenuti.

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