Newsletter Lccs n.6

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La buona destra. Forse che sì, forse che no

di Alberto Battaggia

Abstract. Presentato a Roma il Movimento Buona Destra di Filippo Rossi: laico, solidale, europeista, antisovranista. Tutto quello che aiuta a superare il radicalismo politico è positivo. A Verona, dal 2015, due destre. Quella al governo dal 2017, tra Congresso della Famiglia, Almirante e drug text, ideologicamente segnata da Lega e Fd'I in senso conservatore e reazionario. Flavio Tosi, con Patrizia Bisinella, da tempo si dichiara federalista, antisovranista, liberale, europeista. Ma non basta. Per essere "buona destra", Tosi dovrebbe cambiare passo nella concezione della politica. Meno potere e favori e più competenze. Per uscire dal suo recinto dovrebbe presentarsi come un innovatore, nelle proposte e nei rapporti. Ne gioverebbero il sistema politico locale e le stesse forze del centro sinistra. Se invece tornasse con la Lega, significherebbe che la destra non può cambiare.

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"La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri"

"La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri". E' bella questa citazione di Gustav Mahler: e sintetizza bene lo spirito della "buona destra" di Filippo Rossi. Se poi esamini gli autori citati nel suo Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una nuova destra (Marsilio, 2019), trovi Marco Tarchi, Marcello Veneziani, Julius Evola, Gabriele D'Annunzio, Alain De Benoist..: e questi te li aspetti; ma, poi, anche Zygmunt Bauman, Voltaire, Luca Sofri, Ermanno Bencivenga, Norberto Bobbio, Giuseppe De Rita, Giacomo Leopardi, Umberto Galimberti, Arnold Gehlen, Hannah Arendt, Alain Finkielkraut, Karl Popper... Insomma, la sensazione è quella di un rimescolamento di carte mica da ridere. Se poi leggi qualche riga a caso, gulp!: "Non esiste ancora una destra capace di resettare la storia d'Italia senza ricominciare con un loop tragico-comico di eterna guerra civile senza senso e senza obiettivo"...."La politica seria non si aggrappa al rancore, all'invidia, alla paura, alla rabbia"..."c'è chi non sopporta più che in Italia la destra si sia ridotta a un'accozzaglia informe, rancorosa, primitiva, plebea...che sia roba da bar, chiacchiere senza senso e senza costrutto, passatempo cattivista"... E avanti così. La pars construens? "Una buona destra deve pertanto raccogliere la sfida di dare voce a un'Italia che ancora oggi non riesce a non essere patriottica, che ancora sogna la modernizzazione e l'unificazione del paese".

Filippo Rossi
[su_box title="Movimento Buona Destra" style="default" box_color="#d30e0e" title_color="#FFFFFF" radius="3" class=""]Saggista, giornalista,di ambiente famigliare missino, già ideologo finiano nella fondazione FareFuturo, poi ideatore del festival culturale Caffeina, già in lista per le regionali del LAzio +Europa, Filippo Rossi ha presentato lo scorso 3 luglio a Roma, il suo "Movimento Buona Destra Filippo Rossi". Tra i punti programmatici, consultabili nel sito dell'organizzazione si sostiene che la Buona Destra "deve dire sempre la verità" ;"contrastare il 'Partito Unico della Spesa'; "tornare alla meritocrazia ad ogni livello"; "difendere e servire sempre i diritti e mai i privilegi e rifuggire la demagogia, il populismo e il sovranismo ingannevoli e strumentali"; procedere ad una riforma fiscale e tributaria finalizzata alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sui cittadini"; "essere laica e garantire i diritti delle persone senza distinzione di età, sesso, identità sessuali, provenienza etnica, ceto sociale e convinzioni politiche, deve tutelare la libertà di culto di tutte le religioni"; promuovere la "Federazione degli Stati Uniti d’Europa". Tra le figure politiche da lui citate come possibili interlocutori, Carlo Calenda, Mara Carfagna, Stefano Parisi e Flavio Tosi.[/su_box]
Contro la deriva populista e sovranista di Salvini e Meloni

Ci fermiamo qui. Non vogliamo recensire il saggio o disquisire sulle tesi in esso contenute; né siamo in grado di prevedere il successo di questa iniziativa. Siamo però convinti di una cosa. Che Filippo Rossi metta il dito in una piaga del sistema politico italiano e spinga forte: la deriva populista e sovranista del duetto salvinian-meloniano. Una destra imbarazzante, che contamina il dibattito politico nazionale, costringendo le forze politiche di orizzonte europeo - da Forza Italia al Pd a metà dei 5s- a spendere energie preziose per contenerne gli impulsi distruttivi. Siamo certi che i due leader, e molti dei loro seguaci, di Filippo Rossi si fanno un baffo. Devono pensare che lui sia un pasticcione - come sostiene Nicola Porro - o un illuso. "La destra, in Italia, è 'sta roba qua", devono pensare, "e non la scegli tu". Ma non è così. La convinzione che la crisi economica del 2011 abbia a tale punto stremato la coscienza civica degli elettori italiani da fare loro abbandonare ogni fiducia nella ragionevolezza dell'agire politico, dimentica un dato di fatto. Una persona sceglie sul mercato le merci che trova. Se non trova quelle che lo aggradano, o si adatta ad altre, più scadenti; o, più spesso, non le compra.

Le amministrative veronesi del 2017

La politica è una faccenda complicata. Prendiamo il caso delle amministrative veronesi del 2017. Tre i fenomeni più vistosi di allora. Il primo fu l'astensionismo. Nel 2017, al ballottaggio, scelsero di non votare più di 120 mila elettori su 200.767. Il secondo, il fatto che al ballottaggio andarono due leader di "destra" - Federico Sboarina e Patrizia Bisinella - unico caso italiano, almeno per le città di media dimensione. Il terzo, fu il format politico delle forze a sostegno dei due candidati: ad entrambi, la gran parte dei voti non venne dai "partiti", ma da movimenti civici ritagliati su di loro: rispettivamente, la Lista civica Sindaco Sboarina, 15mila voti, espressione di "Battiti", seguita dalla Lega con 9mila e da Fd'I e FI con 3mila ciascuno; e la "Lista Tosi", 18mila voti, seguita da "Ama Verona" 4mila e "Fare! Con Flavio Tosi", 3mila.
In termini generali, il senso della vicenda è chiaro.
Sullo sfondo, la crescente personalizzazione dell'attività politica, tendenza anche nazionale, assai accentuata a livello amministrativo, ove il contatto con i candidati è quotidiano.
In primo piano, la diaspora del blocco elettorale tosiano, successiva alla clamorosa espulsione dell'ex sindaco dal suo partito nel 2015, che tagliò a metà la mela elettorale del centro destra veronese. Si presentarono così due candidati nella stessa area. Tosi, non potendo correre per il terzo mandato, candidò, un po' tardivamente, la senatrice Patrizia Bisinella, preferendola al fino ad allora fedelissimo braccio destro Fabio Venturi.

La fisionomia politica della destra di governo

Che fisionomia hanno assunto questi due blocchi? E' possibile distinguerli? Ha senso farlo? Nel blocco-Sboarina, fin da subito, hanno fatto sentire il loro maggiore peso relativo i due partiti nazionali presenti nella coalizione: prima a livello ideologico; poi a livello politico-amministrativo. Si ricorderà lo sconcertante Congresso della Famiglia organizzato a Verona nel marzo 2019 grazie all'impegno del ministro alla famiglia Lorenzo Fontana. Una sagra nazional-balcanica dedicata a dio, alla patria e alla famiglia, condita da populismi cristiano ortodossi e slanci putiniani. Allora la Lega era al governo, Matteo Salvini minacciava il mondo dagli Interni e il senatore Pillon puntava alla beatificazione. Forse si montarono la testa. Poi si è fatta sotto Fratelli di Italia, buttando sul piatto l'intitolazione a Giorgio Almirante di una strada cittadina e, in rapida successione, il texano drug-test nelle scuole veronesi, sgretolatosi per l'assurdità pedagogica e le imbarazzanti vicende giudiziarie del proponente. Al di là dei penosi risultati, è risultato chiara la ricerca, per il blocco-sboariniano, di darsi una connotazione ideologica chiara, classicamente di destra-destra, più o meno nostalgica, spesso e volentieri reazionaria, omofobica, antieuropeista, trumpiana, putiniana, clericale...
Sul piano amministrativo, il desiderio dei due partiti di riprendersi la piazza è stato scandito prima dal progressivo sfaldamento dei consiglieri eletti nella Lista del sindaco, passati in 6, su 11, ad altri gruppi consigliari; e poi dalla clamorosa bocciatura del progetto di fusione Agsm-Aim-A2A, fatto saltare anche a costo di umiliare l'unico vero manager, dopo anni, al timone in Agsm, Daniele Finocchiaro; di inimicarsi il Gotha industriale veronese, da Michele Bauli a Giuseppe Riello; e di indebolire gravemente il "loro" sindaco lasciandolo, si presume, al suo destino.
Il messaggio, quindi, vorrebbe essere forte e chiaro: la destra, a Verona, siamo noi. E non è una "buona destra".

La destra di Flavio Tosi e Patrizia Bisinella

L'altro blocco, la destra di opposizione, appare in corso di definizione. A noi sembra che in esso si muovano due logiche. Da una parte, il pragmatismo del leader, Flavio Tosi, forte di un istinto politico temprato da dieci anni di governo cittadino. L'ex sindaco conosce bene la città, gli attori principali, il gioco ruvido degli interessi economici in movimento. E anche le debolezze e i rischi di tanti aspiranti amministratori che simpatizzano non per il candidato più simpatico, ma per quello più promettente nello scambio tra consenso e ricompensa in qualche ente. Costoro possono essere elettoralmente molto utili, ma sono soggetti a fedeltà limitata e questo gli ha già creato un sacco di guai. La politica, secondo lui, funziona così. Per governare bisogna prendere voti e per prendere voti bisogna darsi da fare senza troppa puzza sotto il naso. Realistico ma molto rischioso.
Dall'altra parte, forse anche lusingato dalle attenzioni che Gad Lerner gli riservava a "L'Infedele", Flavio Tosi ha iniziato, non da poco, a distinguersi ideologicamente dalla destra più ottusa e populista. Lo ha fatto rivendicando il suo federalismo padano originario contro la deriva prima secessionista e poi sovranista del partito di Salvini; e poi sottolineando le ragioni dei diritti civili contro ogni forma di omofobia. Infine, la ristrutturazione del Tosi-pensiero ha toccato anche l'europeismo, la difesa dell'Euro, il riformismo.
Poi, è vero, si avvertono certe esitazioni o reticenze, specialmente sul passato storico, che ci sembrano rivelare il timore di deludere alcuni segmenti irriducibili della "sua" destra.

Un'evoluzione credibile?

Un'evoluzione mica facile e mica banale, quella di Tosi. Può dirsi anche credibile? Per gli avversari di sempre no: fuffa, chiacchiere, tattica, furberia... E' chiaro che sul piano politico i vantaggi dati da una conoscenza scientifica del territorio, sono compensati da tutti i problemi e le difficoltà incontrate in due mandati consecutivi. Gli avversari hanno buon gioco a ricordare i braccioli antimmigrati sulle panchine veronesi, una condanna per razzismo, il traforo mancato delle Torricelle; la dubbia e a volte penosa qualità di certe presidenze assegnate nelle partecipate, l'arresto del suo assessore all'urbanistica (ottimamente rimpiazzato)....Se insomma si va a vedere sul piano concreto, amministrativo, i risultati dei due mandati, per molti le ombre prevalgono sulle luci. Nei giorni scorsi Giorgio Massignan, in un'intervista, ha liquidato l'ex sindaco così: "Tosi? Dieci anni di nulla". Non si può liquidare, tuttavia, l'ampia maggioranza di elettori che lo hanno premiato due volte al primo turno. Quelli rimasti sempre con lui, infatti, lo esaltano invitando a ricordare l'ampio consenso - "tutti stupidi i veronesi?"- e la capacità di fronteggiare gli avversari: "nessuno apprezzato come lui...si è sempre rialzato, non molla mai..."; diversi operatori del settore immobiliare, del commercio, della piccola imprenditoria – ma anche un ex Rettore come Alessandro Mazzucco, ora presidente di Cariverona - ne hanno sempre lodato la determinazione; estimatori presenti nel campo avverso non mancano - gli riconoscono sottovoce la grinta ed il decisionismo: "avercene, uno così". E lo voterebbero al secondo turno, nell'occasione.

Patrizia Bisinella e Flavio Tosi
Un percorso potenzialmente interessante

A noi sembra che quello di Tosi, rispetto alla fisiologia del sistema politico locale, potrebbe essere un percorso interessante, anche se tutto da dimostrare. Arricchito dalla collaborazione non certo secondaria di Patrizia Bisinella, che certo non richiama, nel suo fare politico, la destra da curva sud alla quale siamo più abituati e con la quale il suo sodale ha a lungo flirtato. Potrebbe essere questa la "buona destra" veronese? Nella conferenza stampa di presentazione del suo movimento, qualche giorno fa, Filippo Rossi ha citato Flavio Tosi come un compagno di strada. Non abbiamo notizie di analoga dichiarazione da parte del leader veronese, ma non è molto importante. Importante è capire se anche Flavio Tosi stia cercando di mettere assieme una "buona destra", con o senza la benedizione di Rossi; e che spettro politico potrebbe rappresentare. La radicalizzazione del sistema politico, a livello nazionale e locale, è una iattura dalla quale prima ci risolleviamo, meglio è. Le dinamiche politiche che portano obiettivamente a posizioni più moderne ed europee, ricucendo un tessuto disgregato, vanno apprezzate. Ad esempio, la famosa "area moderata" ex Forza Italia, 21mila voti nel 2007, 12mila per il candidato Luigi Castelletti nel 2012, che fine ha fatto, la diamo per estinta? O si nasconde anche in quei 120mila elettori che non hanno votato al ballottaggio del 2017?

Ovo, galina e cul caldo. Non funziona

Il fatto è che, come amano dire i veronesi, non si può avere ovo, galina e cul caldo: se Tosi vuole uscire dal recinto ben protetto, ma elettoralmente insufficiente in cui si trova attualmente, deve rischiare, presentandosi non più come una controversa, "sicura" risorsa del passato, capacissima di giostrare ma affezionata, alla fine, a nuclei di militanti della prima ora che ne frenano lo slancio; a fragili do ut des; ad una riedizione nostalgica di piccole patrie padane. Dovrebbe vestire i panni dell'innovatore. Una figura in grado di destabilizzare il fragile sistema politico locale con proposte che superino i recinti elettorali tradizionali e cerchino un legame solido con ambienti istituzionali e qualificati. Dovrebbe anche riconsiderare, in uno sforzo autocritico non comune, tante scelte fatte in passato, spesso comprensibili solo in termini di consenso, di sostegno elettorale, di ricompensa politica. Sì, lo sappiamo, la politica è anche questo. Ma non può ridursi a questo, solo a questo. Perché poi, alla fine, le cose non vengono bene: i lavori si interrompono a metà, i progetti falliscono, si cerca di accontentare tutti e non si accontenta più nessuno... E quelli che erano fedelissimi diventano nemicissimi. Le sue amministrazioni non sono state altrettanto brillanti del consenso elettorale di cui hanno goduto. Il sindaco di una città evoluta dovrebbe essere il regista di un insieme di competenze messe al servizio dei cittadini. Improvvisare, vivere alla giornata, non è realismo politico, è pressapochismo.
Se tutto questo accadesse, non ne guadagnerebbe solo la qualità della "destra", ma il sistema politico veronese nel suo complesso. In particolare, ne trarrebbero giovamento le forze del centro sinistra, che appaiono esauste dalle sconfitte a ripetizione, dignitose nell'esercitare il loro ruolo di opposizione nei consigli circoscrizionali e comunale, ma prive di una idea forte, moderna, aggregante di gestione della città, da contrapporre a quella degli avversari. Combattere la mediocrità o lo squallore non aiuta a migliorarsi.
Se invece, alla fine, in nome del mitico "realismo", della mancanza di veri avversari, della convenienza immediata, della stanchezza del "solo contro tutti", l'area tosiana si ritrovasse di nuovo a condividere le sorti politiche con le tradizionali forze della destra, in particolare della già disprezzata Lega salviniana, beh, vorrebbe dire che anche a Verona, come a livello nazionale, "La destra è 'sta roba qua".

                     

La città che sale